Tuesday, December 11, 2007

La differenza tra sciopero e reato

Come cittadino di uno Stato civile e libero chiedo al governo che mi rappresenta di non sedere al tavolo della trattativa con gli autotrasportatori fino a che questi non avranno rimosso i blocchi stradali. Chiedo altresì che le autorità intervengano per identificare e perseguire secondo legge tutti gli autotrasportatori colti in flagranza di reato o violazione del codice della strada, ivi incluse garantire penalizzazioni sulle patenti degli stessi per blocco alla circolazione. Fermo restando che in teoria gli autotrasportatori possono avere le loro legittime o anche condivisibili rivendicazioni, la loro protesta non può andare oltre lo sciopero, che già di per sé crea disagi ai cittadini per la scarsità di approviggionamenti. Lo sciopero nei paesi democratici è un diritto e come tale va gestito e nobilitato, da tutti i cittadini, uguali nei diritti di fronte alla legge. Non rientra in tali diritti il costringere altri cittadini, loro malgrado, a partecipare allo scipero nella forma di privazione involontaria della loro stessa capacità produttiva (tramite appunto blocchi stradali che impediscano a liberi cittadini di esercitare liberamente le loro professioni).

Si ricorda che il lavoro nobilita l'Uomo, e l'impedire di recarsi al lavoro è una violazione alla persona. La violenza perpetrata contro la libertà di lavorare (o semplicemente di muoversi) di altri cittadini non è una forma di sciopero in termini di principio o di diritto, ma una aggressione alla persona.

L'occupazione coatta, non autorizzata e prolungata di suolo pubblico è un reato contro gli altri cittadini anch'essi legittimamente proprietari, al pari di tutti, di quel suolo pubblico.

Si è iniziato con i trattori per le quote latte, si è passati attraverso i tassisti ed ora si è giunti ai camionisti. Condizione sine qua non per sedere ad un tavolo per le trattative deve essere il rispetto previo della legalità e delle libertà dei cittadini che non aderiscano o nemmeno facciano parte della protesta connessa alle rivendicazioni. Nel rispetto delle leggi in uno stato di diritto, ogni richiesta avanzata prima che i blocchi vengano rimossi va tassativamente respinta, senza nemmeno entrare nel merito. Le forze dell'ordine devono garantire immediatamente il ripristino della legalità e delle libertà dei cittadini italiani. Se queste azioni non verranno intraprese, in futuro ogni cittadino riterrà di poter legittimamente violare le libertà altrui per avanzare le proprie rivendicazioni di categoria, con maggiori probabilità di sucesso che se agisse nel rispetto delle leggi e norme civili.

Lo stato di diritto e la libertà sono nei fatti sul tavolo delle trattative.

Una Costituzione under chi?

Curioso passaggio di Ferrara nella lettera indirizzata a La Repubblica:

Nel caso del furbissimo Benigni, adesso aspirano anche alla vita eterna con il timbro di Sua Eminenza Reverendissima Tarcisio Cardinal Bertone. In America, che è una democrazia costituzionale under God più autorevole della nostra, non si fa così.

La prima frase mi sfugge totalmente: sembra quasi volersi sostituire, il giulianone, al padre eterno, pur non credendovi. Un po' come se io contestassi ad una cartomante quel che predice nel futuro di un'altra persona, ritenendo la predizione errata nel merito.

Ma la seconda val la pena di approfondirla: l'aggiunta della frase "One nation under God" nel giuramento di fedeltà agli Stati Uniti è stata aggiunta solo mezzo secolo fa, e non quindi da due secoli (nel frattempo però la Costitzione USA non è stata toccata). Soprattutto la Costituzione americana di Dio non fa menzione, se non per stabilire la separazione netta Stato-Chiesa. Gli Stati Uniti non sono affatto una "democrazia costituzionale under God", fatto ovvio dato che gli Stati Uniti furono il rifugio di quei credenti che scapparono dal Vecchio Mondo, perseguitati perché non potevano trovare il loro Dio liberamente e in coscienza, ma lo avevano avuto imposto dalle monarchie. Ferrara questo lo sa, ma non essendo credente non teme che gli venga negata la vita eterna come a Benigni, nel suo caso per pronunciata manifesta "falsa testimonianza".

Thursday, December 6, 2007

Quella di Grillo non è una buona soluzione, peggio, è un rischio.

Breve riflessione. Premessa: apprezzo il movimento grilliano come movimento di persone ispirate da ideali di legalità, trasparenza, rispetto per la natura ed uguaglianza tra cittadini. Sono altresì, come molti di loro, disgustato dal fatto che in parlamento siedano vari cittadini con condanne alle spalle passate in giudicato, e nonostante questo candidati dai loro partiti ed eletti dal popolo.

Al contrario di Grillo e di molti grilliani, però, sono assolutamente contrario al regolare questa situazione con una legge apposita che rischierebbe di creare più danni alla nostra democrazia di quanti ne vorrebbe risolvere. Una cosa è tentare di risvegliare il senso civico negli elettori tramite la dialettica e la comunicazione di idee, cosa con la quale sono d'accordo, altra invece propagandare come soluzione una legge che in teoria manderebbe in sollucchero qualunque aspirante dittatoruncolo. Immaginate come sarebbe facile, per un aspirante "Musssolini" del domani, avendo a disposizione una siffatta legge già bella e pronta, organizzare un qualche colpo basso contro gli avversari più temuti dell'opposizione parlamentare e democratica (immaginate uno scagliozzo che metta qualcosa nella tasca del politico scomodo di turno). I malcapitati avversari politici verrebbero così, col più facile dei mezzi, estromessi per sempre dal parlamento, uno ad uno, e l'opposzione democratica verrebbe in breve decimata, senza la necessità di leggi speciali. Basterebbe fare le cose per bene all'inizio e tutto avverrebbe da quel momento nella piena legalità. Non dimentichiamoci che l'Italia è il paese che è stato terreno fertile per il fascismo.

Una certa misura di immunità parlamentare esiste per garantire le democrazie contro questi colpi di mano, in modo che il popolo possa reintegrare in qualunque momento qualunque politico perseguitato ingiustamente. È chiaramente poi compito del popolo maturo rendersi conto che questa è, e non altro, la funzione dell'immunità: non quella di "perdonare" politici chiaramente rei e tali senza scusanti. Come al contempo i politici e i partiti dovrebbero avere la maturità civile (come in molti altri paesi) di non utilizzare il voto popolare per farsi perdonare reati di cui non si sono mai pentiti.

La cosa che mi meraviglia di più è come nessuno tra i sedicenti paladini della democrazia si sia mai accorto di una osservazione così ovvia; qualcosa che mi allarma enormemente perché mi fa venire il sospetto che la protesta civile, per sé legittima, faccia poi fare le spese alla lucidità e alla razionalità, offuscando le nostre idee.

Questa la mia critica ad una proposta di legge che vieti lo scranno parlamentare a qualunque cittadino che abbia subito una qualunque condanna di qualunque tipo e in qualunque tempo. Detto ciò, una eccezione forse la farei: interdizione sì, ma solo per quei politici che hanno commesso reati nell'esercizio della propria funzione pubblica, come nei casi di corruzione. Sarebbe giusto se non altro pensando ai cittadini che vengono, secondo lo stesso principio, estromessi dai pubblici uffici.

Vien da sé che di estrema urgenza è chiedere una legge elettorale che torni a dare al popolo il potere di scegliere liberamente i propri rappresentanti.

Paolo De Gregorio (l'originale)