La Corte Costituzionale ha respinto il ricorso della regione Veneto contro le nuove norme in tema di vaccinazioni obbligatorie. Di recente è esplosa una decisa polemica che ha messo di fronte una parte numerosa ma non cospicua della società civile e le autorità, governative prima e legislativa dopo, a causa dell'introduzione di nuovi obblighi vaccinali: inizialmente previsti in dodici, limitati a dieci al momento della conversione in legge, dai quattro precedentemente esistenti.
Degno di nota che Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione, abbia fortemente obiettato contro il decreto/disegno, dichiarandolo a suo dire contrario all'articolo 32 della Costituzione. Curiosamente, nei dibattiti pubblici ne citava il testo incompleto -"Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario"- omettendo il finale della frase, non separato nemmeno da una virgola dal precedente, che recita: "se non per disposizione di legge". Vale a dire che la legge può, in certi casi, disporre di obbligare ad un determinato trattamento sanitario.
Difficile non immaginare che i padri costituenti avessero in mente come prototipo di trattamento sanitario obbligatorio, disposto per legge, proprio l'esempio dei vaccini, quando scrissero "se non per disposizione di legge", avendo redatto quel testo quando in vigore vi era l'obbligo per ben due vaccini.
Nessuno in seguito, nemmeno tra gli stessi costituenti, eletto come rappresentante del popolo pensò di riscrivere la legge per conformarla alla Costituzione, non essendo percepita un'esigenza di conciliare diversamente Legge e Carta. Del resto l'articolo 32 è molto importante per tutelare il diritto all'autodeterminazione, ma una disposizione di legge non si rivolge al singolo, con provvedimento ad personam, bensì alla collettività. La ratio di questa apparente contraddizione va trovata nel capoverso che precede la parte di testo citata, nuovamente e curiosamente omessa dal giudice emerito: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite
agli indigenti" (mia enfasi). Si parla non solo, quindi, di diritto dell'individuo, ma anche di interesse della collettività. Ci sono casi in cui uno di questi può essere in contrasto con quanto segue, cioè la non obbligatorietà del trattamento: è il caso dei vaccini, che sono obbligatori non solo a tutela dell'individuo -anche eventualmente in contrapposizione alle convinzioni dei genitori- ma vieppiù a tutela della collettività.
Sul fatto che lo Stato possa obbligare un minore ad un determinato trattamento, seppure in contrapposizione alla volontà dei genitori, chiarisce il concetto un esempio: il caso di una trasfusione che fu ordinata da un giudice tutelare, superando il rifiuto dei genitori (testimoni di Geova).
Con ciò non voglio negare che potessero ravvisarsi profili di incostituzionalità altrove nel progetto legislativo. La scuola è un obbligo: è prevista una sanzione per chi non ha i figli in regola con le vaccinazioni al momento dell'iscrizione. Qui si sarebbe potuto ravvisare un problema se si fosse ritenuto che la sanzione si configuri, almeno in parte, come una formulazione retroattiva di un obbligo: alcune vaccinazioni sono più efficaci e meglio tollerate nell'infanzia, ma solo quattro di esse erano già obbligatorie quando gli studenti della scuola di oggi erano bambini ieri. Vero è che ci si può regolarizzare in qualsiasi momento, ma in assenza di emergenza epidemica grave si sarebbe anche potuto ammorbidire il decreto, accogliendo la possibilità di posticipare di qualche anno l'obbligo di regolarizzazione a scuola. La Corte in ogni caso non ha ravvisato problemi nemmeno su questo punto.
Per quanto concerne l'introduzione così massiccia di nuovi obblighi, indubbiamente antipatica: purtroppo i dati statistici mostrano che la popolazione italiana ha risposto all'alleggerimento degli obblighi vaccinali degli anni recenti facendo gradualmente flettere o crollare la copertura contro le malattie, soprattutto per quelle prevenibili con i vaccini solamente consigliati. Zaia ha promosso questo ricorso sbandierando spesso la sua regione come esempio di virtù, dimenticando di sottolineare che proprio nella sua regione le vaccinazioni erano calate, dalla sospensione degli obblighi, e la copertura era sotto la media nazionale e sotto i limiti di massima sicurezza. Dal punto di vista politico questo era un bel problema, perché implicava che il Presidente della regione non fosse consapevole dell'esigenza di un cambio di rotta, essendo convinto che in Veneto tutto stesse andando a meraviglia.
Il dato sul calo di copertura vaccinale ci fa confrontare in modo molto sfavorevole rispetto ai molti paesi europei con meno obblighi nei nostri (o privi di essi) e ha reso indispensabile un intervento (che poteva certamente avere realizzazione diversa, ma difficilmente derogabile molto a lungo).
All'epoca, il decreto e disegno di legge furono anche tacciati, nei forum di discussione, di essere simili ad un provvedimento "nazista". Strano, poiché sa molto più di essere un provvedimento comunista, che pone la collettività sopra l'individuo, per salvaguardare l'interesse di tutti come comunità. Non caso ecco la lista dei paesi europei ad oggi con il maggior numero di obblighi, tutti della ex sfera di influenza sovietica: Bulgaria (11), Repubblica Ceca (9), Ungheria (10), Lettonia (13), Polonia (10), Romania (11), Slovacchia (11), Slovenia (9).