Tuesday, February 23, 2010

Esperimento concettuale con l'embrione

Non inorridite al titolo, questo è un dilemma che porrei soprattutto a chi si schiera per la salvaguardia dell'embrione a tutti i costi.

Mi trovai, all'epoca ormai lontana dei referendum italiani sulla fecondazione assistita, a discutere del problema dei free riders etici con alcuni oppositori della ricerca sulle cellule staminali embrionali: non senza qualche stizzita sorpresa mi sentii replicare, quando chiesi ai miei interlocutori se per coerenza avrebbero rifiutato le cure in un futuro ipotetico nel quale le staminali embrionali si fossero rivelate di fondamentale importanza per la salute, che loro avrebbero fatto tranquillamente ricorso a quelle cure visto che ormai quelle ricerche erano state portate avanti loro malgrado.

In un contesto in qualche modo similare un bel post mostra come gli stessi oppositori delle ricerche sulle staminali embrionali siano paradossalmente fervidi sostenitori di Yamanaka, uno studioso il quale non sarebbe comunque mai potuto giungere alle conclusioni cui è per ora giunto senza il sacrificio di alcuni embrioni e senza la conoscenza che questi sacrifici ci hanno fornito.

La posizione la trovo traballante sul piano morale. Ma esiste forse una coerenza nel sostenerla: in fondo noi stessi oggi facciamo qualche uso di conoscenze che sono state acquisite dai nazisti con metodiche sperimentali aberranti e condannabili, ma questo non deve necessariamente vietarci di far uso postumo di quelle conoscenze. Se ci opponiamo infatti ad un metodo di ricerca, per ragioni di ordine morale, questo non necessariamente vuol dire che ci debba essere vietato in un secondo momento di trarre i vantaggi di quelle conoscenze, pur acquisite con metodiche che aborriamo, se pensiamo di trarne vantaggio.

Il punto è che non era questo il centro della mia obiezione. Sospetto che nel subconscio della maggior parte delle persone che equiparano totalmente un embrione ad una persona nel senso comune del termine ci sia comunque un elemento di distinzione istintivo (come istintivo è distinguere un embrione umano da un embrione di altra specie)(*), che non affiora perché divorato da una sovrastruttura filosofica. Inoltre, mentre potrebbe anche essere facile in qualche modo applicare con coerenza estrema le proprie scelte morali alla propria vita, per cui si potrebbe giungere a dire "io non mi curerò mai con quelle tecniche", più difficile è estendere al prossimo questa visione soggettiva e giustificarla.

Ci misi qualche ora ad elaborare il mio esperimento mentale, che qui esporrò. Credo che questo ragionamento sia implicito nel modo di ribattere a chi è forte sostenitore di Yamanaka: il quale ancora oggi ammette, appunto, di dover sacrificare comunque qualche embrione umano per approfondire le proprie ricerche, cosa che paradossalmente non inquieta la schiera dei difensori dell'embrione (mai) in provetta. Pertanto espongo.

Immaginate di trovarvi in un futuro ipotetico. Avete un figlio, piccolo, amatissimo, malato. Voi siete il loro tutore, colui, l'unico, che può decidere in sua vece se e in che modo sia legittimo intervenire. Ma la malattia che lo affligge lo porterà inesorabilmente alla morte certa, a seguito di atroci sofferenze. Il medico dell'ospedale di Futurlandia vi comunica la sorte che toccherà al vostro amatissimo e altrimenti sanissimo figliolo, ma aggiunge una chiosa: "esiste altresì una nuova cura, ben testata, dall'esito praticamente certo, oggi legale, che prevede la creazione di un embrione sano, in provetta; questa cura salverà vostro figlio praticamente al 100%, eliminando totalmente la malattia e le sofferenze annesse; l'embrione della provetta verrà tuttavia perso con certezza". Insomma, eccovi servito il dilemma: lasciar morire vostro figlio tra mille sofferenze, o farlo vivere sacrificando un embrione che vivrà e morrà in provetta per vostra scelta.

In questo dilemma non esiste più la giustificazione che quella cura in quell'oggi di un domani ipotetico già esisterebbe, perché quello che ora dovete fare è decidere voi se uccidere un embrione: sarete voi a diventare un potenziale "dottor morte", se accetterete di generare e poi far morire un embrione, una persona, solo per garantire la vita a vostro figlio. O lasciar morire vostro figlio. Ma soprattutto, in quest'ultimo caso, decidere voi per lui, per vostro figlio, per la sua morte, per rispondere alla vostra convinzione morale, al vostro dogma etico che l'embrione è una "persona umana", a prescindere da quello che il vostro bambino avrebbe potuto pensare una volta adulto se fosse cresciuto.

Cosa farete, applicherete all'embrione le vostre convinzioni e lascerete morire vostro figlio soffrendo, decidendo tutto ciò al posto suo? O cederete alla proposta del medico, nonostante ogni giorno vi e ci ripetete che un embrione è una persona esattamente come ognuno di noi?

Chi risponderà "sì, sarei disposto a sacrificare quell'embrione pur di salvare mio figlio" dovrebbe cessare per sempre di continuare ad affermare che l'embrione è un essere umano esattamente come ognuno di noi. Chi dirà di no, lo dica, e noi elaboreremo liberamente il nostro giudizio morale su quella persona e sul suo credo.

(*) È frequente il fraintendimento che il ritenere l'embrione non esattamente coincidente con una persona equivalga integralmente a ritenere che l'embrione sia privo di qualità biologica - od anche filosofica - umana. Questo non è affatto necessario: si può benissimo ritenere un embrione umano come qualcosa di genuinamente umano, eticamente problematico, ontologicamente distinto da un embrione di un'altra specie animale o vegetale, senza per questo elevarlo inevitabilmente fino alle vette assolute dell'esperienza umana. Il dilemma etico qui presentato vuol evidenziare precisamente questo aspetto: per quanto si possa ritenere "umano" un embrione, non esiste un'ovvia parificazione di fronte ad una persona viva e vegeta che gli è di fronte; non una comunque che ci possa non disturbare il sonno se portata alle estreme conseguenze.


Aggiornamento: la discussione si sta svolgendo anche qui.