Wednesday, December 7, 2016

Quando la maggioranza è un premio - Referendum e dintorni


Prima delle urne avevo fatto notare ai miei conoscenti che, sommando le percentuali ereditate alle ultime elezioni politiche dai partiti che si erano opposti alla riforma costituzionale in Parlamento, si otteneva circa almeno un 56-57% di elettori potenzialmente contrari (il computo soffre dell'indeterminazione del peso degli esclusi dal Parlamento e dei passaggi di campo al suo interno). Questo era uno dei vari motivi per cui mi opponevo alla riforma, poiché varata a maggioranza semplice, promossa da un partito che nel manifesto istitutivo aveva ripudiato tale pratica e gonfiata in sede di approvazione dai numeri del premio di maggioranza giudicato incostituzionale. Se da un lato non era scontato che le percentuali dei Sì e dei No si attestassero su quei livelli, dall'altro tale era la situazione ai blocchi di partenza ed era necessariamente nota ai partiti che hanno votato la riforma: evidentemente la proposta non ha consentito che si oltrepassassero in massa le classiche barriere elettorali, o se lo ha fatto, tanti sono passati da una parte quanti dall'altra (ipotesi sostenuta da uno studio dell'istituto Cattaneo). Chiara, quindi, la responsabilità di chi prima ha arditamente proposto, e poi non ha convinto.

Stupisce, quindi, che ci si stupisca delle proporzioni della sconfitta, ripeto non scontate ma certamente nell'ordine delle cose. Stupisce ancora di più che si arrabbino coloro che hanno votato Sì: non erano essi stessi ad avere sostenuto che una minoranza può avere diritto di governare contro le "accozzaglie"? Beh, il 4 dicembre le urne hanno certificato i numeri in campo. Sembra che l'esito del voto in sé voglia confermarci la forzatura antidemocratica insita in ogni proposta di sistema a forte connotazione maggioritaria: la sinergia di legge elettorale e riforma costituzionale avrebbe voluto restituirci un paese dove le idee in minoranza diventino norme da condividere per tutti. Non importa, in questa prospettiva, che tanti abbiano votato No per seguire l'onda politica del proprio partito o movimento, senza aver ben compreso le implicazioni dell'innovazione costituzionale proposta(*): conta constatare che le norme di legge possono sì trasformare una frazione minoritaria in forza di governo, ma non possono magicamente tramutarsi, mutatis mutandis, anche in opinioni di maggioranza. Non è nemmeno da escludere, visti l'egocentrismo e megalomania del politico italiano medio, che quando i nostri rappresentanti siedano in Parlamento si convincano che le parti del popolo siano suddivise come lo sono i loro seggi e che anche per questo prendano delle toppe così vistose: qualcuno dovrebbe comunicare loro che lo squilibrio del premio di maggioranza, prima ancora che oggetto di valutazione costituzionale, è stato sin dal primo istante un fatto matematico certo.


(*) Non si comprende perché, come fa ad esempio Serra, il problema di quanti abbiano votato "per partito preso" debba essere riscontrato o sottolineato solo tra i sostenitori del No e non anche del Sì.

Saturday, December 3, 2016

Per non perserverare nell'errore.

Ho rimosso un post perché contenente inesattezze. Parte dell'articolo 67 viene recuperato nel 55.