Tuesday, February 23, 2010

Esperimento concettuale con l'embrione

Non inorridite al titolo, questo è un dilemma che porrei soprattutto a chi si schiera per la salvaguardia dell'embrione a tutti i costi.

Mi trovai, all'epoca ormai lontana dei referendum italiani sulla fecondazione assistita, a discutere del problema dei free riders etici con alcuni oppositori della ricerca sulle cellule staminali embrionali: non senza qualche stizzita sorpresa mi sentii replicare, quando chiesi ai miei interlocutori se per coerenza avrebbero rifiutato le cure in un futuro ipotetico nel quale le staminali embrionali si fossero rivelate di fondamentale importanza per la salute, che loro avrebbero fatto tranquillamente ricorso a quelle cure visto che ormai quelle ricerche erano state portate avanti loro malgrado.

In un contesto in qualche modo similare un bel post mostra come gli stessi oppositori delle ricerche sulle staminali embrionali siano paradossalmente fervidi sostenitori di Yamanaka, uno studioso il quale non sarebbe comunque mai potuto giungere alle conclusioni cui è per ora giunto senza il sacrificio di alcuni embrioni e senza la conoscenza che questi sacrifici ci hanno fornito.

La posizione la trovo traballante sul piano morale. Ma esiste forse una coerenza nel sostenerla: in fondo noi stessi oggi facciamo qualche uso di conoscenze che sono state acquisite dai nazisti con metodiche sperimentali aberranti e condannabili, ma questo non deve necessariamente vietarci di far uso postumo di quelle conoscenze. Se ci opponiamo infatti ad un metodo di ricerca, per ragioni di ordine morale, questo non necessariamente vuol dire che ci debba essere vietato in un secondo momento di trarre i vantaggi di quelle conoscenze, pur acquisite con metodiche che aborriamo, se pensiamo di trarne vantaggio.

Il punto è che non era questo il centro della mia obiezione. Sospetto che nel subconscio della maggior parte delle persone che equiparano totalmente un embrione ad una persona nel senso comune del termine ci sia comunque un elemento di distinzione istintivo (come istintivo è distinguere un embrione umano da un embrione di altra specie)(*), che non affiora perché divorato da una sovrastruttura filosofica. Inoltre, mentre potrebbe anche essere facile in qualche modo applicare con coerenza estrema le proprie scelte morali alla propria vita, per cui si potrebbe giungere a dire "io non mi curerò mai con quelle tecniche", più difficile è estendere al prossimo questa visione soggettiva e giustificarla.

Ci misi qualche ora ad elaborare il mio esperimento mentale, che qui esporrò. Credo che questo ragionamento sia implicito nel modo di ribattere a chi è forte sostenitore di Yamanaka: il quale ancora oggi ammette, appunto, di dover sacrificare comunque qualche embrione umano per approfondire le proprie ricerche, cosa che paradossalmente non inquieta la schiera dei difensori dell'embrione (mai) in provetta. Pertanto espongo.

Immaginate di trovarvi in un futuro ipotetico. Avete un figlio, piccolo, amatissimo, malato. Voi siete il loro tutore, colui, l'unico, che può decidere in sua vece se e in che modo sia legittimo intervenire. Ma la malattia che lo affligge lo porterà inesorabilmente alla morte certa, a seguito di atroci sofferenze. Il medico dell'ospedale di Futurlandia vi comunica la sorte che toccherà al vostro amatissimo e altrimenti sanissimo figliolo, ma aggiunge una chiosa: "esiste altresì una nuova cura, ben testata, dall'esito praticamente certo, oggi legale, che prevede la creazione di un embrione sano, in provetta; questa cura salverà vostro figlio praticamente al 100%, eliminando totalmente la malattia e le sofferenze annesse; l'embrione della provetta verrà tuttavia perso con certezza". Insomma, eccovi servito il dilemma: lasciar morire vostro figlio tra mille sofferenze, o farlo vivere sacrificando un embrione che vivrà e morrà in provetta per vostra scelta.

In questo dilemma non esiste più la giustificazione che quella cura in quell'oggi di un domani ipotetico già esisterebbe, perché quello che ora dovete fare è decidere voi se uccidere un embrione: sarete voi a diventare un potenziale "dottor morte", se accetterete di generare e poi far morire un embrione, una persona, solo per garantire la vita a vostro figlio. O lasciar morire vostro figlio. Ma soprattutto, in quest'ultimo caso, decidere voi per lui, per vostro figlio, per la sua morte, per rispondere alla vostra convinzione morale, al vostro dogma etico che l'embrione è una "persona umana", a prescindere da quello che il vostro bambino avrebbe potuto pensare una volta adulto se fosse cresciuto.

Cosa farete, applicherete all'embrione le vostre convinzioni e lascerete morire vostro figlio soffrendo, decidendo tutto ciò al posto suo? O cederete alla proposta del medico, nonostante ogni giorno vi e ci ripetete che un embrione è una persona esattamente come ognuno di noi?

Chi risponderà "sì, sarei disposto a sacrificare quell'embrione pur di salvare mio figlio" dovrebbe cessare per sempre di continuare ad affermare che l'embrione è un essere umano esattamente come ognuno di noi. Chi dirà di no, lo dica, e noi elaboreremo liberamente il nostro giudizio morale su quella persona e sul suo credo.

(*) È frequente il fraintendimento che il ritenere l'embrione non esattamente coincidente con una persona equivalga integralmente a ritenere che l'embrione sia privo di qualità biologica - od anche filosofica - umana. Questo non è affatto necessario: si può benissimo ritenere un embrione umano come qualcosa di genuinamente umano, eticamente problematico, ontologicamente distinto da un embrione di un'altra specie animale o vegetale, senza per questo elevarlo inevitabilmente fino alle vette assolute dell'esperienza umana. Il dilemma etico qui presentato vuol evidenziare precisamente questo aspetto: per quanto si possa ritenere "umano" un embrione, non esiste un'ovvia parificazione di fronte ad una persona viva e vegeta che gli è di fronte; non una comunque che ci possa non disturbare il sonno se portata alle estreme conseguenze.


Aggiornamento: la discussione si sta svolgendo anche qui.

20 comments:

Marcoz said...

Una domanda "complementare" da fare a chi crede in determinati principi, è la seguente: perché la perdita di un figlio per aborto asintomatico nei primissimi giorni di gestazione (non lo vediamo ma sappiamo che accade), per complicazioni al sesto mese, dopo pochi giorni dalla nascita o quando ha raggiunto, per esempio, sei anni, sono eventi che comportano, normalmente, contraccolpi psicologici e dolori differenti?

In attesa di qualche risposta all'esperimento concettuale del post, confermo che, sì, era ora di aggiornare il blog.
Saluti

paolo de gregorio said...

La tua è una domanda che anche a me è venuto di porre. Comunque in talune persone una perdita molto prematura può presentarsi come ugualmente dolorosa rispetto alle altre (se non altro nelle parole riferite). Da qui la necessità di ipotizzare di dover per forza operare una scelta assoluta, un aut aut, per scoprire cosa ci sia di vero dietro il pensiero di alcune persone. Credo che praticamente nessuno di noi acconsentirebbe ad assecondare quella ipotetica richiesta se l'enigma fosse di dover far nascere un bambino apposta per farlo morire e far sopravvivere il fratello malato, eppure sono convinto che finché si tratti di un embrione in provetta la cosa ci parrebbe (anche qui, più o meno a tutti) anche ipotizzabile.

Vedremo se qualcuno proverà a rispondere...

Ugolino Stramini said...

Io ci provo:
Comincio col dire che penso che accetterei di sacrificare un embrione per salvare un figlio.

Sono però convinto che l'embrione sia persona umana; "esattamente come uno di noi" mi sembra però una locuzione ingannevole, perchè presuppone un "noi" che non esiste come generica entità omogenea; in quel "noi" ci sono io, mio figlio, e l'ultimo dei moribondi del terzo mondo, e non mi sembra che in valutazion di questa portata li si possa mettere sullo stesso piano.
Non è un caso che nell'esperimento si metta sul piatto della bilancia un figlio piccolo; sarebbe lo stesso chiederci se saremmo disposti a generare un nostro embrione per salvare la vita ad un lebbroso di calcutta? Non credo.

L'embrione è persona umana; ciascun embrione è una singola persona umana; talvolta il sacrificio di una persona può essere necessario per salvarne un'altra; si tratta di scelte difficilissime che delle volte si è costretti a fare.

Ciò che può differenziarle è l'empatia, cioè quanto ci sentiamo vicini alla vita da salvare e a quella da sacrificare (c'è un bellissimo esempio che parla di treni da deviare e morti persone da sacrificare).

Per concludere, sacrificherei a malincuore una vita umana in embrione solo se fosse assolutamente necessario per salvarne una in essere.

Per venire alle questioni pratiche che derivano da questo esperimento, non creerei embrioni per la sperimentazione, ma certamente non butterei al cesso quelli criocongelati; cercherei di darli in adozione e solo non riuscendo li sacrificherei per un bene superiore, quale è la ricerca medica.

Mi scuso per la lunghezza, ma anche veltronianamene per la eccessiva sintesi.

paolo de gregorio said...

«"esattamente come uno di noi" mi sembra però una locuzione ingannevole»

Ho cercato di riprodurre con parole mie, forse eccedendo in semplificazione, l'essenza di quello che recepisco sia l'argomento di altre persone. Se come ammetti pensi che accetteresti di salvare tuo figlio non può che voler dire, secondo me, che per quanto tu consideri l'embrione una persona, non lo consideri tale tanto quanto tuo figlio. Come spiego qui sopra nel commento, è ovvio per (quasi) tutti che (quasi) nessuno accetterebbe di far nascere un bambino per farlo subito morire per salvarne un altro. Nemmeno tu, credo: eppure ammetti che forse sacrificheresti un embrione.

«Non è un caso che nell'esperimento si metta sul piatto della bilancia un figlio piccolo»

Certamente non è un caso, per due validi motivi: il primo è che l'embrione viene spesso definito non solo come persona, ma come il più indifeso degli esseri umani. Per testare questa ipotesi non potevo che proporre un essere umano notoriamente indifeso (ma comunque meno indifeso dell'embrione, a detta di alcuni).
Il secondo motivo è semplice: volevo evidenziare una situazione in cui la persona destinata a morire non avesse la facoltà di scegliere per sé: come scrivo all'inizio del post, una cosa è dire "preferisco morire della mia malattia che far morire un embrione e salvarmi", e un'altra è dire "preferisco che un'altra persona muoia della propria malattia a prescindere dal proprio credo, purché non si faccia morire un solo embrione". Queste ultima posizione è, in ultima analisi, quella che ancora oggi giustifica molte persone nell'essere contro la ricerca sugli embrioni: la convinzione morale sull'embrione è tale che giustifica il rifiuto di concedere la possibilità, per ora certamente solo teorica (ma non avventata), perché certe persone possano un domani curarsi. E' una scelta morale di una portata enorme, e viene il sospetto che di fronte a questa scelta morale le persone dogmatiche preferiscano mettere la testa sotto la terra e fare finta che non stiano facendo del male a nessuno.

«talvolta il sacrificio di una persona può essere necessario per salvarne un'altra»

E con quale criterio si sceglie? Concordi che sarebbe improponibile di salvare quel bambino se fosse necessario farne nascere un altro e farlo morire? Se sì, perché allora nel caso dell'embrione ti dichiari possibilista, se affermi anche che "ciascun embrione è una singola persona umana"?

"certamente non butterei al cesso quelli criocongelati»

Meno male che esiste ancora del buonsenso. E' allucinante che in Italia si sia decretato il contrario.

"cercherei di darli in adozione"

Che sarebbe comunque vietato dalla legge 40!

Ugolino Stramini said...

E con quale criterio si sceglie?
Il migliore che si ha a disposizione nel momento in cui si deve fare la scelta.

Provo ad esplicitare meglio l'esempio del treno.
Se azionando uno scambio potessimo deviare un treno fuori controllo in una direzione in cui ammazzerebbe una sola persona nota priori invece che 10 probabilmente lo faremmo in molti; se per deviare il treno occorresse farlo deragliare buttando sui binari un grasso signore accanto a noi e salvare dieci uccidendone uno lo faremmo in pochi.
Eppure le vite in gioco sono le stesse, ma l'empatia nei due casi è molto diversa.

L'assunto è che non è vero che le vite umane sono tutte uguali e quando la scelta è inevitabile trovare un criterio è necessario.

Io penso che l'embrione sia persona umana e che pensare che non lo sia in alcuni casi è solo un modo comodo per non avere l'impressione di fare una scelta di vita o di morte, mettendo, come dici tu, la testa sotto la terra e fare finta che non stiano facendo del male a nessuno.

Ugolino Stramini said...

p.s. la legge 40 non mi rappresenta di sicuro, ma non è tutta sbagliata.

paolo de gregorio said...

@ Ugolino Stramini

Non sono convinto che l'esempio del treno colga nel segno: almeno io personalmente vedo poca, o forse nessuna, differenza (e proprio grazie alla mia empatia verso il "malcapitato"). Mi sembra più un criterio di buona/cattiva coscienza: dovendo poi, dopo un gesto del genere, oltre che sopravvivere anche convivere con la nostra coscienza, ci pare più percorribile la strada che ci crei minori (apparenti) sensi di colpa (ci vuole più coraggio a gettare una persona che a far deragliare un treno, anche nel caso in cui stessimo uccidendo la stessa persona). Io, senza il consenso dell'interessato, o non procederei in nessuno dei due casi, oppure procederei in entrambi i casi. Sto ovviamente assumendo che abbiamo la certezza assoluta dell'esito.

Ma ammettiamo anche. Torniamo all'embrione. Come applichi questo discorso al caso in questione? Stai per caso affermando che possiamo fare all'embrione cose che non faremmo ad un neonato (ucciderlo per salvare un altro bambino), nonostante siano essi entrambi parimenti "persone umane", solo ed esclusivamente perché nel caso dell'embrione abbiamo meno empatia? Premesso che il criterio mi inquieta assai, ammettiamo finanche questo. E allora come calcoliamo questa empatia? Due embrioni per un figlio sano li sacrificheresti? E tre? E quattro? Ti fermeresti a quattro? Cioè l'empatia per quattro embrioni supera infine quella per il figlio malato? Quindi cosa si fa, ci si concede tre tentativi e poi basta? O qual è il numero giusto? Uno e basta?

"Io penso che l'embrione sia persona umana"

Scusami un secondo, ma a quale accezione del termine "persona" ti stai riferendo? Un embrione è un'entità vivente umana, ma non mi sembra che sia una persona, non in alcuna accezione del termine mai adoperata in qualunque altro contesto. Se inoltre tutto quello che rende me una persona è già integralmente presente in un gruppo di alcune cellule su un vetrino sono un po' preoccupato per quella che può essere la tua considerazione di tutto quello che io personalmente posseggo e che credo che vada un tantino al di là del mio codice genetico. Per te davvero io, come persona, non ho (ontologicamente parlando) nulla di più di quello che possiede quel gruppo di cellule? Scusami ma mi sento un po' spaventato in questo momento.

"pensare che non lo sia in alcuni casi è solo un modo comodo per non avere l'impressione di fare una scelta di vita o di morte"

Io sono molto consapevole che stiamo parlando di morte (uso termini come "uccidere", "sacrificare", ecc.). Io ho un'etica, anche nei confronti dell'embrione: mi opporrei alla proposta dell'invenzione del nuovo gioco del Monòpoli dove si creassero embrioni per sostituire i soldi finti come merce di scambio. Ma se parlando di embrioni parliamo anche di nuove nascite o di cure ai malati è conveniente fermarci un momento e riflettere, perché esiste una gradazione, e perché se abbiamo elaborato il concetto di diritti della persona non è certo perché siamo stati per millenni affranti dal fatto che tanti embrioni morissero senza nemmeno che si fosse saputo della loro esistenza, ma perché sappiamo cosa vuole dire percepire la realtà e quindi soffrire.

Trovo comunque rischioso ridurre la "persona umana" (che poi secondo me è un termine insensato, dato che "persona" da sola già implica "umana") a quella cosa che è codice genetico e che cresce in un adulto. La vita passa attraverso degli stadi, e questo è chiaro. Se vogliamo affermare che è un unico stadio facciamolo pure, ma poi prendiamoci la responsabilità di quel che affermiamo: secondo questa ottica infatti non ci sono santi, quel figlio deve morire, perché eticamente parlando non trovo nessuna giustificazione all'idea di far nascere una "persona" apposta per farla morire solo per curare un'altra "persona".

annarosa said...

Ti ho risposto "di là" ma ti rispondo anche "di qua" copiando il commento.
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Tu hai figli?
Io sì. So anche cosa vuol dire vederne uno (il più piccolo, di 19 mesi) star male, vedere i medici che lo bucano da tutte le parti mentre lui ti guarda dicendo "basta, basta" (anzi "batta mamma, batta" perchè non parlava ancora bene).... Se avessi avuto davanti qualcuno cui tirare una botta in testa per far smettere mio figlio di soffrire forse l'avrei fatto. Se mi avessero detto di premere un bottone per far morire dieci persone dall'altro lato della stanza per permettere a mio figlio di guarire forse l'avrei fatto. E avrei fatto una cosa orrenda.
Perchè il dolore, la paura possono far fare cose sbagliate.
Se qualcuno che non soffre, che non ha paura ti dice "guarda, forse non è così sbagliato farlo...in fin dei conti è a fin di bene" chi si sente in trappola, sbaglia. E' anche per questo che la società elabora delle leggi, dei limiti. O no?

E tu, che hai posto questo bell'esperimento, sai di cosa si parla quando parliamo di figli malati? Sei sicuro che non faresti qualcosa che ora ti sembra immorale? E che, DOPO, magari ti sembrerà ancora immorale, ma che non hai potuto fare a meno di fare? Quante donne che abortiscono hanno fatto questa orribile esperienza di fare qualcosa che si sa "sbagliato" e continuano, DOPO, a sentire il dolore di qualcosa che si sono sentite "costrette" a fare perchè senza alternativa?

Quanto al "ricatto affettivo" intendo dire che è comodo mettere sul tavolo dell'autopsia-salva-figlio un cosino come un embrione, che -appunto- non ha nessuna attrattiva "affettiva", sentimentale. Solo se gli riconosco un valore posso pormi un dubbio, se lo reputo una "cosa" che ci sto a pensare a fare?

Facciamo un "esperimento con il barbone" a qualcuno di Forza Nuova; oppure "con un negro" in Alabama; o "con un apostata" in Iran; o "con un ebreo" nella Germania anni 30 e vediamo quanti dubbi raccogliamo...

A te sembra "una cosa da niente" un embrione, agli abitanti della Lousiana del 1800 faceva lo stesso effetto uno schiavo nero e ai Nazisti quelle vagonate di Ebrei usati per produrre cose di utilità per tanti Tedeschi.

p.s. Mio figlio è guarito e sta benone, ora.

p.p.s.
I dilemmi mettono in crisi se li vivi davvero: scrivere un bel post inventandoseli a tavolino non mette certamente in crisi.

Anonymous said...

Proprio non capisco perché chi fosse disposto a sacrificare l’embrione pur di salvare il figlio dovrebbe cessare per sempre di continuare ad affermare che l’embrione è un essere umano esattamente come ognuno di noi.
In qualsiasi situazione di necessità è giuridicamente lecito anche uccidere un'altra persona senza per questo che questa persona cessi d'essere tale, anzi la scriminante dello stato di necessità è prevista proprio perché la persone che muore è una persona come me che invece continuo a vivere,

paolo de gregorio said...

@ Annarosa

Anche io ho risposto di là e riporto anche qua.

"E' anche per questo che la società elabora delle leggi, dei limiti. O no?"

Siccome avevo già iniziato su questo argomento, ne approfitto per riprendere da qui. Ho l'impressione che così debordiamo in una sorta di paradossale nuovo dilemma di Eutifrone, per cui ciò che è giusto è legge e ciò che è per legge è giusto. Tutto ciò esula totalmente dallo scopo dell'esperimento mentale proposto, che non era certo discutere di ciò che deve valere per legge o meno, ma cosa si ritiene giusto personalmente fare.

Io non ho precisato certo a caso che in questa ipotetica situazione questo tipo di intervento fosse legale, proprio per sgombrare il campo dalle tue obiezioni. L'unica cosa che ci interessa sapere è appunto quale scelta riterresti di dover fare, in totale libertà. A me sembra che se una cosa del genere fosse legale non sarebbe violata la Costituzione né carte o convenzioni internazionali varie: spero allora che ammetterai che - come nell'ipotesi - la maggioranza dei tuoi concittadini possa per ipotesi anche essersi espressa a favore di questa possibilità. E allora, senza l'obbligo della legge, ed in piena libertà, ti si presenta una scelta, tutto qua.

Per quello che riguarda il tuo appello alle emozioni ritengo di non dover cedere troppo alla provocazione, perché io sono convinto che se si parla di questioni etiche si stia parlando di questioni di principio. Ti ricordo anche, visto che non esiti a chiedere se ho dei figli, che sei tu la prima a non porti il problema del fatto che con determinati limiti di legge tu dormi benissimo nel sapere che stai impedendo ad alcuni di averne o di averne sani, e quindi sei tu la prima a porre i principi etici generali al di sopra del ricorso alle buone emozioni, al di sopra dell'amore (potenziale o reale) per un figlio (sano o meno sano).

Io non ti sto chiedendo cosa faresti di istinto, ma cosa faresti con giudizio e preferibilmente convinta al punto di essere sicura nel futuro di aver fatto la scelta giusta. In altre parole ti sto chiedendo quale giusta decisione ti sentirresti di dover prendere. Ti facilito perfino il compito adesso: rimuovano l'elemento di sofferenza, non è un elemento essenziale, e così evitiamo di richiamare emozioni negative. Questo ipotetiico figlio morirebbe senza nemmeno accorgersi di stare male. Cambia qualcosa adesso?

Per quel che riguarda quello che si è disposti a fare sull'onda delle emozioni, continuo a rimanere molto sorpreso del tuo essere sicura che la tua fede in Dio non ti guiderebbe verso la scellta moralmente giusta, mentre consideri la legge degli uomini un deterrente più forte di Dio. Mi sembra chiaro a questo punto che sarebbe un po' inverosimile da parte tua dichiarare che solo Dio può essere fonte dell'agire morale.

Se poi vuoi proprio sapere la mia, io penso che faresti decisamente la cosa giusta nel salvare un figlio. Non hai nessun bisogno di tentare di fare appello sulle emozioni per giustificarti: faresti benissimo e soprattuttuo faresti bene a ripetertelo (di aver fatto la cosa giusta) tutte le volte che vedessi quel figlio sano. E non ci sarebbe proprio nulla di cui vergognarsi nel permanere vita natural durante di aver fatto la cosa migliore, ma nemmeno nel rimmanere comunque un po' dispiaciuti per la sorte dell'embrione.

paolo de gregorio said...
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paolo de gregorio said...

Anonimo delle 3:46 PM

Allora, come spiegato altrove nel rispondere a Vaal (o Vaaal), il postulato taciuto qui è che si stia parlando con persone che non ritengano di poter disporre (o che qualcuno possa disporre) della vita altrui. Se si ammette però che io possa uccidere una persona, che non ha fatto assolutamente nulla né a me né ad altri, solo perché mi è utile o necessario, allora è chiaro che come dici in questa situazione si può essere favorevoli al ricorso all'embrione pur considerandolo comunque una persona. A proposito: mi fai un esempio di un caso analogo di necessità in cui secondo te è lecito far nascere ed uccidere una persona per farne sopravvivere una malata?

Anonymous said...

sul piano morale (e giuridico) se si parla di persone è assolutamente irrilevante la questione "fare nascere per fare morire", la questione si pone quando si ha una persona (essendo anche irrilevante per la questione quando questo accada: al concepimento o al 18° anno d'età).
Dunque i casi per cui è giuridicamente non punibile ammazzare una persona (senza per questo che essa cessi di essere tale) sono tutti quelli che in Italia ricadono sotto l'art. 54 cp.
Insomma il Tuo argomento non ha alcun valore giuridico, né ha un valore etico, a meno di assumere che mai sia lecito ammazzare una persona per salvare sé stessi o altri.

paolo de gregorio said...

E va bene Anonimo, se è questo che ti disturba, eliminiamo la faccenda della creazione dell'embrione. L'embrione esiste già, e c'è una donna pronta ad accoglierlo in grembo se necessario, ma che è anche favorevole alla sua utlizzazione a fini terapeutici se richiesto: si dichiara cioè interamente disonibile ad assecondare quale che sia la scelta del padre del bambino.

Per cortesia adesso anonimo, mi puoi indicare in concreto, con un esempio esplcito, una situazione nella quale sia consentito per legge sopprimere una persona, senza che costituisca una minaccia alla vita di alcuno (ma anche senza il senza), per lo scopo o necessità di curare una persona dalla malattia? Sono tutt'orecchi.

Infine, ho già concesso che le conclusioni del mio post si appplicano alla sottogategoria della popolazione umana che ritiene che non sia legittimo uccidere nessuna persona in nessuna condizione se questa non costituisce una minaccia attiva per la nostra incolumità, oppure se la necessità di questa soppressione di persona sia la cura di una malattia (cosa che è viceversa legale in molti paesi se si tratta di altre specie animali). Devo integrare il post, o è disposto lo stesso a considerare pacifica questa mia integrazione e quindi a ribattere finalmente alla mia argomentazione così completata? Concorda o non concorda che chi dichiarasse di essere contrario alla uccisione di qualunque persona per fini quali quelli terapeutici, e che dichiarasse che l'embrione è in tutto e per tutto una persona, si contraddirebbe nell'affermare che disporrebbe di uccidere un embrione per curare la malattia del figlio?

Ugolino Stramini said...

Ho riletto tutto con più calma (mai quanta ne servirebbe) e credo che sia urgente una risposta alla tua domanda: due gemelli siamesi dei quali può sopravvivere solo uno; occorre scegliere e uccidere l'altro. Legittimamente.
Oppure. Hai una sola dose di antidoto e due persone morenti; ne salvi uno e ne ammazzi un altro. Legittimmente.
Anche uno, come sembri tu, convinto dell'indisponibilità assoluta della vita deve arrendersi all'evidenza che le scelte di vita e di morte sulla pelle altrui fanno parte della realtà.
Si può quindi ritenere un'entità persona umana e decidere ugualmente per la sua soppressione.

Questo, se ho capito bene, mi esclude dalla sottocategoria destinataria dell'esperimento.

Trovo però il confronto comunque stimolante, e non escludo di intervenire ancora.

paolo de gregorio said...

@ Ugolino

Forse ti è sfuggito: la mia ipotesi non è, c'è un embrione da una parte e un bambino da un'altra, chi salviamo? È ben diverso, la questione è quella di generare un embrione, farlo nascere e morire appositamente per salvare il bambino. Ulteriore differenza col caso dei siamesi: nel mio esempio non c'è nessun legame obbligato tra i due, l'embrione è una vita completamente autonoma dal bambino. Una cosa infatti è dire: salvo almeno uno dei due siamesi la cui vita mette reciprocamente a repentaglio quella dell'altro. Altra è dire: c'è un fratello malato e allora prendo il cuore per salvarlo da quello sano. Intuisci la differenza?

Vedo che insisti in qualche modo sulla necessità della scelta nella situazione uno ad uno (caso dell'antidoto). Mi pare di capire che un tuo argomento implicito sia la probabilità di sopravvivenza sul lungo termine, per cui l'embrione sarebbe circa il 10%-40% diciamo, il bambino il 100% (perché l'ho specificato io). Allora torno a formulare le domande che non hanno avuto risposta; vada anche per il caso uno ad uno: vuoi dire che se fosse necessario creare due embrioni a quel punto lasceresti morire il figlio? Perché a quel punto converrai che si tratta di due "persone" contro una, e non c'è più nessun esempio che mi puoi protare nel quale viene consiiderato moralmente legittimo uccidere due persone per salvarne una invece che una per salvarne due. Oppure hai un numero N preciso di soglia?

Anonymous said...

Dato che sono qua, posto anche un commento sul tema proposto.
L'abitudine a modificare l'ambiente, le cose, gli umani è deleteria.
Perchè? Perchè ci crea un'illusione. l'illusione della salvezza per mano della scienza o per mano di noi stessi.
Essendo noi viventi ci siamo presi il diritto di intervenire su quello che riteniamo "materia" a nostro piacimento e poi, ipocritamente, ci domandiamo dove è il nostro limite, quale dev'essere la nostra etica, ecc. Sono tutte balle. La realtà è che siamo personaggi profondamente immorali che non sanno neanche loro cosa stanno facendo. Nessuno ci verrà mai a dire qual è il limite. Il limite possiamo stabilirlo solo noi, e mi pare che il limite dei "bioetici" si trovi solo nel fatto che non sipuò intervenire solo su qualcosa che ha già una "coscienza" e manifesta il rifiuto di intervenire su di essa.
Non sono daccordo con questa impostazione, ma comprendo che questo è il livello quindi lo accetto.
Mi limito a far notare che il livello di ragionamento di tale "coscienza" è molto basso e individualistico. Quindi se tale coscienza intravede dei "guadagni" dalla sua azione dirà si, altrimenti dirà no. Questo significa che non vivremo più per alcun ideale che ci sollevi dalla nostra stretta visione della vita. In pratica, essendo così concentrati sul punto del "guadagnare qualcosa", non ci accorgiamo che essere umani è molto di più di "guadagnare". Ci stiamo riducendo, stimo diventando dei piccoli esseri umani, tanto più che non ci accorgiamo che in verità non c'è nessun guadagno. Ormai dovrebbe essere chiaro che non è grazie allo strumento scientifico che supereremo i nostri problemi. La scienza sembra risolvere un problema ma ne crea altri dieci. Ahhh, ma qui ci sono ancora dei progressisti....
anti-moderno

paolo de gregorio said...

Anti-moderno

Prima di leggere il tuo secondo commento, posso dirti che non prendo posizione su quanto affermi sulla supposta censura di Regalzi. Pur senza accusare senza sapere, posso dire in tutta sincerità che sul suo sito ho personalmente riscontrato una certa tua tendenza a parlare d'altro, rispetto ai temi proposti.
Non so se questo sia il caso, ma in caso affermativo potrei anche capire che una persona che gestisce un blog, e che ha più volte esplicitato l'intento di esso ed il fatto che non vogliono essere tollerati atteggiamenti (tra gli altri) tipo trolling, possa anche operare una selezione preventiva per evitare (cosa che non di rado accade) che le persone che intervengono finiscano per parlare di tutt'altro (anche rispondendosi tra di loro), complicando la vita a chi voleva semplicemente seguire la discussione originaria.

Più in generale, un blog personale non è certo un forum pubblico: ognuno, nel gestirlo, è perfettamente libero di stabilire delle regole generali per chi vuol intervenire. Se ti ricapita di essere censurato, tu prima copiati da qualche parte quello che scrivi, poi se vuoi me lo comunichi e vediamo se è vero se si sia tratto di censura antiliberale, oppure di un'applicazione delle regole interne che quel blog ha sempre chiesto ai partecipanti di rispettare.

Io ricordo perfettamente a scuola i richiami a non andare fuori tema. Ognuno può usare una soglia di permissività diversa, ma non può essere obbligato a far passare tutto. Censura in senso non liberale sarebbe se tu avessi ben argomentato in opposizione alla tesi di un certo post, strettamente nello specifico. Puoi dire in tutta onestà che sia stato così? O magari i messaggi censurati di cui parli non è che saranno stati del tipo: "scienza brutto, scienza brutto, scienza brutto"? (chi seguiva "Il caso Scafroglia" forse immagina il tono)

paolo de gregorio said...

@ A-M

Rispondo, anche se sei andato comunque in parte fuori tema (tu cosa faresti in quella situazione?).

Purtroppo è ancora una volta necessario prima di tutto precisare una distinzione fondamentale, per quanto ovvia: quella tra scienza e tecnica. La cosa più interessante per me rimane la scienza, che permette un parziale avanzamento della conoscenza, grazie anche ad un metodo ben preciso che essa si è data. Così quando scoppia un temporale, prima di dire che un qualche essere superiore ai viventi terresti mi stia punendo per qualche cosa, ho la fortuna di aver imparato qualcosa delle dinamiche dell'atmosfera e dei fenomeni elettrici. Come by-product posso anche salvarmi dagli avvoltoi che pretenderebbero di indicarmi come dovrei comportarmi in virtù del fatto che (secondo loro) se non farò come mi ordinano mi cadrà certamente un fulmine in testa.

Questo metodo di indagine della realtà, la scienza, presuppone un intervento sull'ambiente, per esempio nel disegnare esperimenti: ma questa modificazione è il più delle volte di lieve entità (non sono certo le lenti dei telescopi a minacciare l'ambiente terrestre, la fauna e via dicendo).

La scienza consente anche lo sviluppo della tecnica a ritmi forsennati. Ma va ricordato che la tecnica esisteva anche prima: ci si ammazzava anche lanciando le pietre, o affinando le punte delle lance.

Che esista una necessità di tenere sotto controllo l'impatto della tecnica sul nostro ambiente vitale è per me fuor di dubbio, ma questo controllo a mio avviso non può che avvenire attraverso la conoscenza. Sarò cattivo, ma ho persino qualche dubbio che tu sia veramente allitterato in fatto di scienza e di tecnica: dovresti come minimo conoscere il tuo nemico prima di parlarne.

Non sono d'accordo che la scienza risolva un problema e ne crei dieci, casomai risolve dieci problemi e ne crea uno di nuovo. Faccio un esempio stupido: ho potuto visitare tanti luoghi geografici nel mondo e apprezzare i loro scenari, le loro culture e la loro arte, nella mia (relativamente) giovane vita. Forse dovrei promuovere come farlo inquinando meno, ma non me la sentirei di sostenere che sarei culturalmente più ricco se mi fossi affidato alle mie sole gambe. La tecnica è un mezzo, non un fine, e criticarla perché non è un fine è una perdita di tempo prezioso.

Più in generale, ritengo che l'aumento di opzioni nella nostra disponibilità debba diventare uno stimolo per accrescere la nostra capacità di controllo e di autocontrollo, molto più che una rinuncia preventiva a qualsiasi alternativa possa rappresentare (come propagandi) il più grande successo dell'uomo. Avere dieci scelte, di cui una sbagliata, ci costringe certamente a riflettere prima di agire, ma è ben meglio che essere schiavi dell'unica scelta possibile.

Infine, penso di poter dire che tu faccia un attacco contro un argomento che tu stesso costruisci ad arte: non è vero che quelli che si affidano alla tecnica ritengano che essa rappresenti la soluzione ultima di tutti i problemi. Certamente io non lo penso, per cui nel momento in cui tu mi fai notare che la tecnica non risolve tutto non mi stai smuovendo di una virgola nel pensiero, perché non l'ho mai affermato né pensato.
La tecnica mi consente di ammirare un quadro a migliaia di chilometri da dove normalmente vivo, ma certamente non mi inculca nella testa il sentimento di ammirazione o indifferenza che potrei provare nell'osservarlo.
Tornando quindi in tema, la scienza può aiutarmi a salvare un figlio da morte certa, ma certamente non può inculcarmi nella testa l'amore e le cure da trasmettergli se dovessi effettivamente salvarlo (e quest'ultima osservazione a sua volta non implica che se riuscissi a salvargli la vita allora lo renderei infelice ...).

Anonymous said...

Paolo,
lasciamo perdere le censure che non sono interessanti.
Io sembro uno contro la scienza e la tecnica. Diciamo che in verità io sono contro l'EFFETTO che hanno scienza e tecnica sull'uomo. Sono contro il fatto che l'uomo proietta le sue aspettative su scienza e tecnica. Ma proietta le sue aspettative anche sulla politica, sull'economia.
Mi infastidisce questo continuo lanciarsi all'esterno dell'uomo, questo cercare soddisfazione all'esterno di se, questo crearsi totem, miti, ideologie, che, a tutt'oggi, hanno portato a ben poche certezze.
Prendiamo l'esempio dell'embrione. Ora noi ci facciamo un sacco di domande sull'embrione: etico, non etico. In più c'e un sacco di gente che proietta aspettative sull'embrione o sulle staminali. C'è chi aspetta guarigioni, chi dei figli. Ora, siamo sicuri che è un bene che la scienza abbia messo a disposizione i suoi servigi a questo personaggio poco intelligente chiamato uomo? Siamo sicuri che vogliamo perdere il nostro tempo e le nostre energie dietro a fecondazioni, malattie rare e quant'altro? E' realmente un progresso? Che cos'è il vero progresso per noi umani? E' un progresso il grande fratello? o l'isola dei famosi? E' un progresso regalarsi delle comodità? E' un uomo migliore quello che vive nelle comodità? Possiamo permetterci di far vivere questo tizio (l'uomo) nelle comodità? Per quanti umani è possibile? Perchè dobbiamo usare del denaro pubblico per le comodità?
Sperando che hai capito qualcuna delle mie motivazioni, ti saluto.
a.m.