Da dettagli si deduce anche la cifra dello scadere della dialettica politica italiana; si deduce anche da chi questo sbiadirsi sta facendo emergere; si deduce dal modo in cui talune dichiarazioni passano del tutto inosservate. L'esempio ci viene da uno che molti prevederebbero sarebbe in grado, ce ne fosse oggi occasione, di raccogliere più consensi di qualunque altro candidato politico(*):
Ma Matteo Renzi tiene la posizione e a seguire dichiara: "Personalmente mi sembra ingiusto essere attaccato così solo per aver detto quello che penso io e che pensano milioni di italiani"
(preso da Repubblica.it)
Ingiusto per essere attaccato per un'opinione? Non dipenderà, che so, in una minima ed esigua parte da quale sia questa opinione? La seconda parte non turba di meno. Si sta esprimendo un'opinione, giusto? E in quale modo il fatto che così la pensino "milioni di italiani" si ritiene che dia sostegno ad essa? "Milioni di italiani" hanno dato sostegno in passato - facciamo il passato non recentissimo tanto per non offendere nessuno - ad opinioni ben poco corrette o condivisibili. Palesemente, non è un argomento se non è sostanziato da altri ragionamenti, se non nella misura in cui la politica diventa ruffianeria verso il popolo, o peggio verso una sua vaga porzione estratta a caso da un'urna.
(*) Nota: sto cominciando a dubitare fortemente che questa affermazione rimarrà ancorata nel reale, dal momento in cui il sindaco di Firenze sembra in questi giorni che dia un po' troppo per scontato il sostegno incondizionato dell'apparato di un intero partito e di un elettorato storico, che forse hanno una concezione un po' meno estemporanea di quel che vuol dire fare politica. Detto diversamente, sembra non rendersi conto di cosa e perché il PD abbia circa il 25% di consensi nonostante il naufragio dei partiti tradizionali e perciò pretenda di poterlo conservare stravolgendolo (disintegrandolo?). Una teoria un po' avventurosa, lo segnalo ai suoi vari spin doctor.
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