Tuesday, April 23, 2013

Ti conosco mascherina, e per questo mi piaci

È francamente penoso immaginare la quasi totalità dei partiti della Seconda Repubblica recarsi dal Presidente della Repubblica uscente con i panni intimi sporchi, chiedendo di essere aiutati nel cambio perché incapaci di portare a termine da soli la più esemplare delle operazioni democratiche di un parlamento. Immagine ridicola da parte di dirigenti ed esponenti tanto pomposi e spavaldi davanti alle telecamere o sui manifesti elettorali quanto insicuri e spauriti davanti alla banalità di quattro o cinque scrutini andati in bianco. Ritengo che Napolitano bene avrebbe fatto a rifiutarsi, ricordando loro di stare lì perché sono stati votati.

Non credo che si ricordino molti stillicidi politici simili a quello che si è consumato con la seconda elezione di Giorgio Napolitano. Depositata la sabbia alzata dalla forte tempesta, che da simpatizzante di sinistra ha rappresentato, forse in assoluto, il momento più basso del rapporto tra sentire e partito propri, mi viene adesso quasi da guardare alle tribolazioni del PD come allo smottamento sovrastante ad una faglia tra due placche: la Seconda Repubblica da un lato, dall'altro un paese ormai insofferente e collerico verso una classe dirigente politica che si arrocca nel momento stesso in cui si dichiara fallita. Il PD era il punto posto al confine tra queste due masse che premevano l'una contro l'altra, e si è spaccato. Al di là della faglia, partiti come PDL, i centristi, persino la Lega hanno sostenuto, senza tentennamenti di sorta, prima Franco Marini e poi Giorgio Napolitano, rappresentanti quantomai emblematici della sinistra della Prima e Seconda Repubblica, fatto che di per sé sarebbe considerato sconcertante e persino sospetto in un paese normale, digerito chi lo sa come dall'elettorato, ma passato per pacifico e naturale da quasi tutta la nostra stampa. Purtroppo il PD, dopo essersi spaccato, è ricaduto dal lato sbagliato, almeno secondo la maggior parte del proprio elettorato (è facilmente intuibile).

Personalmente, al di là di ogni previsione è stata la delusione per l'allora segretario Bersani. Ritenuto da me, come penso da molti, forse sì carente in quanto a carisma e risolutezza, troppo spesso tentennante, ma uomo affidabile e onesto. Virtù che non si sono proprio viste emergere esemplarmente in quest'occasione. Ci fosse stato detto perché fosse stato necessario votare Franco Marini, forse avremmo capito, avremmo dissentito ma avremmo capito; e forse avrebbero capito i parlamentari chiamati ad esprimersi. Quello che sapevamo, al contrario, era che egli stesso ci aveva più volte istruito, dicendoci che l'elezione del presidente doveva restare fuori dalla contingenza della situazione politica e dai piani di governo. "Ti conosco mascherina" ci aveva assicurati avrebbe detto a Berlusconi.

Dall'altro lato c'erano tre o quattro nomi possibili, una rosa presentata in modo non convenzionale dal Movimento 5 Stelle: Rodotà, Zagrebelsky, Imposimato. E poi forse altri. Ritengo infatti che il PD avrebbe potuto almeno tentare una convergenza sui primi della lista e far sentire il peso della scelta (e dei tweet, e delle e-mail, e dei post, ecc...) degli elettori agli eletti del Movimento invece che ai propri, spostando la proposta da Rodotà a qualcuno degli altri, se proprio il problema insormontabile era ritenuto essere l'impossibilità di convergere su una proposta unica e secca. Certo, sarebbero stati necessari quattro o cinque scrutini in più per sondare la fattibilità della manovra. Se non lo si è fatto ritengo che possa essere per due motivi: una fretta dovuta a motivi che non ci verranno mai spiegati, e in quanto mai spiegati, probabilmente inconfessabili. Oppure la convinzione dei dirigenti PD che nessuno di quei nomi, nomi di quei personaggi irreprensibili, cultori dei diritti e altissimamente qualificati, fossero adatti alla carica. Non so quale delle due ipotesi sia più preoccupante.

Il picco massimo di delusione, a mio avviso, Bersani me lo ha inferto con la sua dichiarazione conseguente alla mancata compattezza del voto PD su Prodi. Ha parlato di "traditori". Con ogni probabilità "traditori" alquanto meschini, in effetti, perché capaci di votare Rodotà al solo ed unico scopo di confondere le acque (seguendo l'andamento delle votazioni si evince che una cinquantina di parlamentari hanno votato Rodotà solo ed esclusivamente alla quarta votazione, quella in cui Prodi ha avuto la maggioranza relativa. Non potendo essere di Sel, nonostante un penoso tentativo di farlo credere, e nemmeno tra quelli del PD che lo hanno scelto in altre votazioni, non possono che essere "agitatori" delle acque). Non è chiaro quanto Bersani si riferisse anche al giorno prima, parlando di traditori: io ritengo di sì. Fatto sta che se i padri costituenti prevedettero la votazione a scrutinio segreto è esattamente perché ritennero che il voto del presidente della Repubblica non potesse che essere totalmente libero. Anche, chiaramente, libero da vincoli di partito oltreché da vincoli elettorali. Paradossale che Bersani volesse vincolare all'indicazione del partito il voto quando ha di fatto reclamato con forza la mancanza di vincolo elettorale per le proprie decisioni.

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